lunedì 14 luglio 2008

ottima nottata per un attacco aereo

cioè uno pensa che alla fine se ne staranno per sempre al di fuori del marcio dello showbusiness, te ne assicuri quando la loro canzone pop è un maestoso, lucido racconto in una lingua inventata che esplode in un delirio di archi sincopati, chitarra contorsionista, batteria spacchereccia e basso melodico per modo di dire. addirittura niente pianole, kjartan si alza e mette a tracolla le corde, pur rimanendo in disparte a fare il regista sul campo (perché quelli dietro al bancone con le lucine fucsia lì in fondo a destra non erano baristi). e così si chiude liturgicamente la data di roma, come tutte le date da un bel pezzo a questa parte. il resto della scaletta conta poco, se tieni quei quattro punti fissi. la canzone pop prelude a 10 minuti di applausi e acclamazioni del pubblico che in cuor suoi sa che dopo la benedizione il prete non ti concede un altro passo delle ecclesiaste. è finito, va' a comprare pollo arrosto e pastarelle e goditi il dì di festa. e nonostante un disco artisticamente mosciarello, con l'abbandono pressoché totale di tratti distintivi del suono (e della poetica complessiva?), loro sono sempre loro. quando entrano al buio sul palco e vedi lo scolapasta a led in testa a orri, ti viene pensato che non lavora abbastanza, la sua presenza è fin troppo discreta, ma se poi la pelle d'oca a tre quarti di svefn-g-englar è la reazione della psiche al momento che pur sapevi che sarebbe arrivato, ma non conta niente, allora capisci che orri non lavora troppo poco e che puoi perdonargli il disco coi culi in copertina perché le emozioni dei 10 (11?) anni appena trascorsi non si cancellano. è più che altro un peccato che non te ne diano di nuove, ma teniamo sempre conto che con gli xilofoni e il falsetto ti fanno un pezzo come sé lest, non un brano da zecchino d'oro e ti tirano fuori dei pasticceri sadici con tromboni e basso tuba, strumento che si vede solo in simon the sorceror. perché non sono musicisti con un vestito buffo, sono proprio pasticceri islandesi (potrebbero essere tutti i pasticceri islandesi, e pensi che fino alla fine del tour l'isola avrà la glicemia bassa e compleanni tristi) iscritti al sindacato che sanno pure tenere in bocca degli ottoni. certo, già che c'erano potevano inserire hjartað hamast (non dico hún jörð, né leit að lífi, sono altri tempi, ahinoi), ma poi magari lasciavano fuori sœglópur invece che hoppípolla... la coperta è corta, già di () hanno fatto un solo brano, non ci si può lamentare sempre.

venerdì 11 luglio 2008

bentornati

dopo aver fatto i vostri comodi per 15 giorni sotto casa mia non vi siete più fatti sentire, e, confesso, mi siete mancati. ma sapevo che ci vuole un sacco per fare quello che dovevate, e, se dapprima mi sono pure un po' preoccupato, in fondo al cuore non potevo non sapere che sareste stati via così a lungo. e infatti rieccovi



solo una cosa. uno di solito compra una casa se gli piace, non se deve raderla al suolo tutta al suo interno e ricostruirla ex novo e soprattutto non la compra sotto a dove abito io, no? pare che viviamo in un mondo dominato dal relativismo etico (e edilizio)