lunedì 24 giugno 2013

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[disclaimer: i meccanismi satirici di questo blog non contemplano la attribuzione di cariche non reali ai personaggi di cui si fanno i nomi, al massimo si rielaborano titoli, ma la sostanza rimane quella. se l'esposizione della verità è di per sé esilarante, ce la si deve prendere con la realtà, non con chi non ha bisogno di impegnarsi per far emergere il ridicolo da essa]

nell'attesa spasmodica della sentenza del ventennio c'è la sintesi di una società che non gode di buona salute né di buona reputazione. ci hanno convinti a pensare che un problema fosse in realtà una soluzione, ma soprattutto che certe soluzioni (pronte da barrare su una scheda elettorale per esempio) non fossero tali. è a questa stortura non sociologica ma proprio psichica che andrebbe fatto il processo. ma facciamo un passo indietro e guardiamo ai nudi fatti: oggi forse si scriverà la prima parte dello spiegone del capitolo finale di questa storia lunga e tormentata. e per nulla avvincente, fra l'altro, con conflitti portati avanti stancamente, personaggi stereotipati e tagliati con l'accetta se non proprio scopiazzati dai simpson.
per cui, alla prossima dichiarazione che verrà rilasciata dopo la sentenza ancora non pronunciata (non è l'oggetto del post, ma solo un pretesto), offro un asso da giocare al senatore maurizio gasparri, che è il più simpatico della compagnia: in tanti anni di maggioranza assoluta, di dominio incontrastato (o mal contrastato) della corte del cavaliere, se proprio si voleva fare un colpo di mano, si sarebbe potuta istituire la trasferibilità della responsabilità penale su un simulacro, un vassallo, un samurai. un avatar. e invece no, loro che potevano non l'hanno fatto. ma gli auguro che l'abbiano almeno pensato, o sarebbe proprio disonorevole essersi fatti infinocchiare da gente così qualunque